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Parigi, inverno 2005 - Every day life

Sono passati dei mesi da quando ho scritto l'ultima volta. Il tempo passa in fretta, Chris Ware dice che a fare fumetti non fai in tempo a sollevare la testa che i tuoi amici sono morti, o si sono sposati,
magari hanno dei figli. E per te è sempre l'altro ieri.
Cosa ho fatto negli ultimi cinque mesi? Me lo domando anche io. Ero a Tokyo e poi eccomi avanti di una dimensione; mi ritrovo oggi. Apparentemente ho vissuto soprappensiero.
Di ritorno da Tokyo, il mio fedele amico Felice, gatto bi-colore è stato diagnosticato affetto da doppia leucosi (una leucemia felina). E' triste vedere consumarsi sotto i tuoi occhi la vita di un essere cui
vuoi bene.Di ogni essere, ovviamente.
Io vivo in uno stato di torpore forse a causa anche di questo, mi anestetizzo per non capire cosa mi/gli stia accadendo.
Frattanto ho pubblicato il secondo volume di FATS WALLER in Francia sono stato al festival di Angouleme, ho partecipato ad alcune mostre, adesso che ci penso, finita la scenggiatura del film "5 è il numero pefetto" ho, pare, contribuito alla nascita dell'edizione integrale di FATS in Italia. E mi dicono che ho viaggiato e sono stato a Napoli per la fiera del comicon.

Sul mio tavolo osservo le pagine su carta giallina, avorio a dire il vero, della mia nuova storia fiume. titolo Baobab. E' il primo capitolo di una storia ambientata in Giappone. Erano vent'anni e passa che non disegnavo un fumetto ambientato in Giappone.

Una cosa nuova: la scintilla di coconino pare divampare qua e la. Comitati di giovani autori si danno da fare e pubblicano loro riviste e proposte. Bene. Sembra lontano il periodo in cui non usciva nulla che
non fosse standard , il periodo in cui "fumetto d'autore" era considerato un insulto.
Ricevo lettere di amici autori che parlano la mia stessa lingua. E mi dico che forse è possibile un mondo del fumetto non dominato esclusivamente da brufolosi otaku che si occupano esclusivamente di un
fumetto d'evasione inteso come materia piatta e che appiattisce.

Leggo le pagine dolenti e secche di Graham Greene, secche come il martini tanto spesso decantato. Un esempio di come si possano coniugare lettura liscia e scorrevole, caratteri memorabili, intrattenimento, ironia e amarezza.
Negli anni Altan (uno dei grandi del nostro cartooning, mai abbastanza riconosciuto per i suoi romanzi grafici) e Carlos Sampayo (amico, genio, sceneggiatore) mi hanno consigliato di leggerlo e io, che lo
avevo diligentemente comperato, mi ritrovo oggi, a distanza di vent'anni, a sorseggiarlo sperando che non finisca mai, come la bottiglia di un amarone del 1969.

A ogni fine capitolo Graham scocca la piccola freccia di un esistenzialismo temperato. British. E io, come un fesso, mi ritrovo a tornare indietro e dirmi: ha scritto proprio così? La sorpresa si conferma, immancabile, e la ricchezza di sfumature emerge in un insieme che è al tempo stesso lezione di letteratura e di vita.

Sempre qualche anno fa, mentre terminavo la stesura di "5 è il numero perfetto", alla radio il grandissimo Maurizio Chierici , aveva raccontato, con quel suo tono caldo e umano per cui vorresti essere suo amico per sempre, di avere conosciuto Greene in un paese dell'America
latina. Greene era in incognito e girava se non ricordo male, con un biglietto da visita falso. Come se fosse ancora una spia in attività.
Chierici è un grande ed è riuscito a restituire un ritratto di Greene con lo stile dei racconti di Greene, e con quel suo tono caldo e umano che invece è proprio di una persona che ha vissuto cose pericolose e
che sa come raccontarle per farti sentire che in fondo il mondo è proprio squinternato ma vale la pena di abitarlo.

A proposito di grandi giornalisti scrittori, purtroppo Hunter S. Thompson, il pioniere del Gonzo Journalism, autore di "Paura e delirio a Las Vegas" si è sparato un colpo in testa meno di un mese fa.
Mi ha colpito perché ho sentito per caso, mentre mi facevo la doccia, la notizia alla BBC e lì per lì ho capito che era morto. Ho subito pensato a Broersma, l'autore texano, collaboratore della Coconino, che considera Huter S. Thompson il suo spirito guida. Ne abbiamo parlato tanto a cena, ad Angouleme, tra un sorriso e una triglia fritta. Ma scoprire che è morto suicida apre ricordi dolorosi e squarci tetri sul reale.
***

Lavorare una storia è un rapporto di equilibrio, come andare a pesca. Stai in attesa che il pesce abbocchi per farlo uscire dall'acqua. E' un travaso da un mondo a un altro. Dal mondo liquido delle idee a quello secco della carta e inchiostro. Ci sono sequenze che vengono naturali e altre per cui devi aspettare.
Con gli anni mi sono fatto l'idea che un buon autore è uno che sa aspettare l'esatta maturazione di una scena e che sa pescarla al momento giusto. Nemico mortale di questa pratica è la scadenza. Ti
porta a fare delle cose, alle volte, che sono parti prematuri e hanno un che di mostruoso e familiare al tempo stesso. Sgorgano in maniera disordinata e si dibattono sulla carta. TUMP. Tu li guardi con un
sorriso di ribrezzo e cominci a imprecare. Quando questo accade hai due strade possibili: o te ne freghi e perdi la partita a scacchi con te stesso. O ti dai da fare. Lucidi il monocolo da autore ti armi di
pazienza e cerchi di restaurare i cocci di una concentrazione andata in frantumi a causa della fretta.
Per questo, dopo 25 anni e passa di onorata carriera mi trovo a borbottare tra me e me mentre rifaccio questa o quella sequenza, ritocco questa o quella vignetta. Cerco di essere il più "esatto"
possibile rispetto all'idea originaria.

Una promessa che faccio a me stesso è: mantieni la concentrazione, segui i tempi di maturazione e vivrai felice.

Adesso vado e sparo al telefono.

Parigi 11 marzo 2005, venerdì.
(dove ho messo la Beretta?)

igort

The Mahotella Queens. Una perla della musica di tutti i tempi.
(ascoltare per credere)