Peppino Lo Cicero (protagonista di Cinque è il numero perfetto) è l'ultimo personaggio di una certa importanza in ordine di apparizione. Come spesso accade nel mio lavoro la sua personalità si è andata delineando sempre più nettamente man mano che procedevo nell'elaborazione della storia che lo vede protagonista. Sino ad arrivare a una sensazione certa quando, non so, Peppino "non avrebbe mai fatto quella cosa" oppure avrebbe reagito "così" a quel fatto. Me ne accorgevo parlando con i traduttori, Peppino per me era quasi una persona esistente, con una personalità precisa.
Al principio, come dicevo invece avevo chiaro in testa il suo carattere, il suo sorriso sardonico e un certo modo di prendere le cose. Ma la sua parte malinconica è affiorata in un secondo momento. Parlo di un vuoto quasi metafisico che ben si sposa alle atmosfere del Parador. Oggi (siamo il 18 agosto del 2002 quando vergo queste poche righe) ho l'impressione che questo personaggio vivrà a lungo, ho in mente altre storie. Altre atmosfere, altri tic che forse contribuiranno a renderlo più umano, più vicino.
Ecco per me sarebbe un successo se ci si affezionasse a questo personaggio. Perché è un poco di buono, un vecchio assassino; uno con la coscienza sporca insomma. E mi piaceva lavorare al contrario di come faceva Chester Gould (il grande maestro autore di Dick tracy): per me non esistono cattivi solo cattivi o buoni solo buoni.